Documento congiunto delle comunità per minori de L’Aquila
In data 9/10/23 si è tenuta la prima riunione delle Comunità per Minori che operano nel
territorio comunale, questo primo incontro vuole stabilire tra noi un appuntamento fisso e
si propone di trasformarsi in un coordinamento attivo per tutelare i ragazzi meritevoli
presenti in accoglienza, i nostri collaboratori e i dipendenti da una pericolosa deriva che
tende ad individuare nelle strutture la causa di alcune problematiche e non parte della
soluzione come dovrebbe essere in una interlocuzione sana e priva di attacchi strumentali.
Sappiamo quindi che temi del disagio giovanile e delle criticità legate al fenomeno della
devianza minorile, negli ultimi mesi, sono al centro del dibattitto cittadino e nazionale. Nella
nostra città, come in ogni area urbana del Paese, registriamo da qualche anno un
peggioramento della condizione dei giovani con l’aumento preoccupante delle aree di
marginalità e di bisogno: la cronaca sempre più spesso ci parla di episodi di bullismo e di
varie forme di illegalità diffusa, messi in atto da fasce sempre più giovani della popolazione.
Ci viene rimandata la fotografia di un fenomeno complicato, inserito in una società
mutevole, in cui le misure di tutela delle persone più fragili e le strategie di tenuta sociale
risultano fortemente indebolite. Un fenomeno che sembrerebbe essere prevalente tra gli
adolescenti, stranieri non accompagnati ma anche italiani, che vivono una particolare fase
del ciclo evolutivo e sono quotidianamente attraversati da importanti domande relative al
Sé e all’Altro. Il percorso relativo alla costruzione della loro Identità risulta una strada per
alcuni difficile da percorrere.
Purtroppo, però, quando ascoltiamo i dibattiti sul tema, le soluzioni proposte sono spesso
frutto di posizioni accusatorie e/o esclusivamente repressive e non di un’analisi che tenga
conto della complessità del fenomeno e del reale. Si punta il dito, a volte anche contro
questi stessi ragazzi, addossandogli semplicisticamente un’etichetta che rischiano di portarsi
dietro tutta la vita.
Noi come strutture del territorio, ormai da anni, siamo presenti in città con le nostre
comunità socio-educative e con le nostre équipe multidisciplinari. I nostri professionisti,
ogni giorno, lavorano in prima linea per sostenere i ragazzi a scoprire le loro risorse,
rispettare l’altro e le regole comunitarie, trovare la propria strada nel mondo degli adulti.
Assistenti sociali, psicologi ed educatori si confrontano con le complessità di questi giovani,
fanno la propria parte tentando di trasformare i punti di forza individuali in opportunità
concrete, le difficoltà e gli sbagli in occasioni di crescita e cambiamento. Un lavoro
continuo, quotidiano, difficile. Nel corso degli anni abbiamo accolto oltre 500 minori in
condizione di abbandono o di fragilità sociale. Non stiamo adesso a sottolineare i risultati
raggiunti, seppur importanti, perché non è questo il focus dell’intervento.
Siamo assolutamente convinti dell’importanza della necessità di una vigilanza capillare da
parte delle Istituzioni e delle Forze dell’Ordine, con le quali abbiamo il dovere di
intrattenere una relazione quotidiana e costante, che possa favorire il confronto,
individuare tempestivamente le criticità e mettere in campo interventi di soluzione delle
stesse ma nondimeno ci vogliamo soffermare su quali siano le reali possibilità di intervento
delle strutture socio educative. Le nostre comunità, quotidianamente, predispongono e
realizzano interventi che mettono al centro il minore attraverso relazioni educative e azioni
concrete che permettano a quel determinato minore di raggiungere il maggior grado
possibile di senso di responsabilità, autonomia e autostima e che si propongono di ridurre i
fattori di rischio relativi ai fenomeni di disagio e devianza giovanile.
Viene utilizzato ogni strumento educativo a disposizione, ogni risorsa del territorio e ogni
forma ludica per evitare devianze e pericoli e per sostenere lo sviluppo di potenzialità e
benessere personale. Ma bisogna tenere a mente che non siamo strutture né detentive né
psichiatriche e che quindi il contenimento dei ragazzi oppositivi non può andare oltre gli
strumenti che ci concede la normativa vigente.
I progetti educativi individualizzati sono certamente lo strumento essenziale per accogliere
le sensibilità dei ragazzi, i loro bisogni e aspettative in modo da tradurli in percorsi di vita
strutturati ma educare, lo sappiamo, è un compito complesso. Non è un’iniziativa privata,
riservata solo ad alcuni, bensì è un’azione collettiva che implica la partecipazione e
l’impegno di più soggetti.
Il Comune deve e può essere il primo alleato delle strutture socio educative tramite la
professionalità, indiscussa, dei propri dirigenti e delle assistenti sociali che si impegnano in
un’interlocuzione anche quotidiana, quando necessario.
La scuola è un elemento fondamentale: accoglie, forma e in diversi casi, lavora il doppio per
offrire un percorso didattico a ragazzi spesso già grandi e non necessariamente centrati su
cosa vuol dire studiare e stare dentro una classe, a causa di esperienze precedenti e/o
vissuti emotivi particolarmente delicati.
Lo sport può essere un veicolo di integrazione e inclusione straordinario: ogni iniziativa in
questo senso va sostenuta e incoraggiata. Negli anni, la nascita di realtà come United
L’Aquila o le tante iniziative promosse dall’Aquila 1927 hanno rappresentato occasioni
importanti per chi opera quotidianamente con i ragazzi.
Attraverso i tre fondamentali esempi citati, vogliamo evidenziare come sia necessario che
ogni parte attiva del processo educativo di questi giovani sia coinvolta e che se da una parte
un’azione di controllo è indispensabile, dall’altra è necessario mettere in campo ogni mezzo
possibile per offrire alternative ai nostri giovani.
La rete del nostro territorio esiste: va sostenuta e migliorata.
Gli enti del terzo settore che si occupano di assistenza e residenzialità in si avvalgono del
lavoro di oltre 100 persone in città tra assistenti sociali, psicologi, educatori professionali,
notturnisti ed operatori. Il loro lavoro svolto spesso in condizioni difficili merita il rispetto
delle forze politiche e degli amministratori.
Rammarica vedere, invece, che oggi assistiamo alla ricerca dell’ennesimo capro espiatorio:
per molti sono le Comunità, per altri il Comune e per altri ancora i ragazzi, che sono minori e
per cui la legge italiana è, giustamente, garantista anche se i recenti decreti legge indirizzati
verso una dinamica più restrittiva dimostrano la portata nazionale se non anche
internazionale del fenomeno.
A volte e fortunatamente non da parte di tutti sembra non esserci la reale volontà di andare
a capire l’origine del problema, che non è solo locale, per inserire reali e utili correttivi.
Non crediamo che ci siano soluzioni preconfezionate ma una modalità operativa che
riteniamo utile, ad esempio, potrebbe essere l’istituzione di un tavolo tecnico permanente
composto dalle Istituzioni, dai rappresentanti degli enti di accoglienza e dalle forze
dell’ordine. Un tavolo che potrebbe avere sempre sotto controllo il polso della situazione e
le eventuali criticità, in modo da non lasciare nessuno da solo nel momento della difficoltà e
che potrebbe redigere un vademecum operativo condiviso per gestire le situazioni di
criticità.
Dal nostro punto di vista è indispensabile, come comunità intera, stimolare e attivare
“anticorpi” che siano in grado di far fronte a tali fenomeni, prevenirli e ri-orientare percorsi
di vita che sono partiti male ma che non per questo sono senza speranza .
Inoltre, al netto di quanto sopra esposto, occorre precisare che nell’episodio avvenuto in
centro storico la notte di sabato bisogna precisare che la rissa ha visto coinvolte persone
adulte e non ospiti delle nostre strutture per cui si chiede agli organi di stampa una rettifica.
Come è utile anche segnalare la presenza di decine di giovani stranieri che non
usufruiscono della rete di accoglienza e residenzialità e per i quali non c’è nessuna struttura
responsabile. Per queste ragioni sarà cura delle scriventi smentire ogni episodio che verrà
indicato alla pubblica opinione come ascrivibile alle azioni dei minori ospiti ma che in realtà
è compiuto da terzi.
Infine in queste ore ci stiamo attivando per chiedere un incontro al Prefetto dell’Aquila, al
Sindaco e ai responsabili dei servizi sociali per capire le modalità più proficue per mettere
ulteriormente a disposizione della collettività le professionalità presenti nelle nostre
strutture.
Goffredo Juchich
Responsabile Crescere Insieme Comunità per minori
Antonella Di Gregorio
Responsabile Case Famiglia “Il Volo delle Aquile”, “Il Nido delle Aquile”, “La Dimora delle
Aquile” e CAS “La Rondine”
Francesca Giorgi
Responsabile Casa Famiglia “Fraterna Tau ODV ETS
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